mercoledì 25 settembre 2013

COSI' E' LA TITTA

Domenica scorsa sono andata al matrimonio di una cara amica. Ci conosciamo da tanto tempo e naturalmente, come in questi casi succede, tra gli invitati c'erano tanti amici che abbiamo in comune, persone che conosco da una vita e con cui ho passato l'adolescenza.
E' strano rivedersi in queste vesti nuove, chi sposa, chi con figli (me compresa), chi uguale a prima ma con qualche anno in più.
Seduta di fronte a me, la mia amica A. con il suo bellissimo bimbo nuovo nuovo e il futuro marito e orgoglioso papà. A un certo punto del (nostro) pranzo, il piccolino ha giustamente fatto notare che era arrivato anche per lui il momento di riempire la pancia. A. l'ha preso in braccio, si è spostata un pò la maglietta e i due si sono immersi in una straordinaria comunione dei sensi altrimenti detta "allattamento".
Questo gesto, così semplice e così bello, mi ha sommerso di tenerezza e naturalmente mi ha catapultato in un gorgo di pensieri che ho impiegato un paio di giorni a dipanare.
Sì, perchè è strano vedere come cambia la vita con gli anni, come si ridefiniscono le priorità, come la vita ci mostri la direzione da prendere.
Io e A. siamo state ragazzine insieme. Noi e le nostre amiche abbiamo vissuto anni importanti e intensi sempre insieme, con quel rapporto ossessivo e compulsivo che le amiche creano a quell'età (e non solo), sentendoci sorelle e facendo insieme TUTTO. In tutti questi anni, le TETTE sono state un argomento di conversazione innumerevoli volte: chi si lamentava di averle piccole, chi le sfoggiava in qualsiasi occasione, chi fantasticava di fantascientifici interventi chirurgici. In ogni caso, quelle, che per ognuna di noi costituivano argomento fondamentale di conversazione, erano proprio TETTE.
Domenica ho capito che A. non ha più delle tette, ma ha, così come me e le altre che intanto sono diventate mamme, delle bellissime e utilissime TITTE. A
nzi, ho avuto questa illuminazione e credo di averglielo anche detto. Per fortuna mi conosce bene e avrà pensato che stavo parlando a vanvera, come spesso mi succede.
Invece ero lì, ammirata, incantata da questo spettacolo. La natura che si rivela. L'essenza più intima e vera di noi, lo scopo per cui nasciamo e viviamo. Un pezzetto di noi che cresce nella nostra pancia e che poi si nutre dalle nostre titte.
"Ecco! - ho pensato- ecco a cosa servivano le tette!"
Ecco perchè abbiamo passato anni ad ammirarle e ad invidiarcele, già stregate dal fascino innato della riproduzione. Dalla PRODUZIONE di un altro NOI.
E pensare che questo concetto, nella sua naturalezza, è in realtà il vero senso della vita.
E per scoprirlo bastava guardare le titte di A.
Grazie

venerdì 20 settembre 2013

"Zigulì" di Massimiliano Verga



Avevo letto la recensione del libro. Avevo guardato l'intervista di Daria Bignardi all'autore.
Insomma, sapevo di cosa si parlava e in che toni.
Eppure non ero preparata. Leggere questo libro è come essere immersi in un catino di acqua ghiacciata: dà i brividi, mette a disagio e congela i pensieri.
Non so dire se mi è piaciuto, Per il momento sono rimasta invischiata in una serie di pensieri neri e densi come il petrolio.

Non so bene cosa provare per quest'uomo: un po' lo odio, un po' cerco di capirlo, un po' mi fa una pena infinita (non sarebbe contento credo di questo mio giudizio) e un po' lo sento vicino e lo stimo per la costanza e la presenza accanto a suo figlio.
Certo è che la storia di Moreno e della sua famiglia sconvolge, lascia basiti e inermi. L'unica cosa che si riesce a pensare, sentendosi in colpa subito, è: "per fortuna non è successo a me"

giovedì 19 settembre 2013

Dichiarazioni d'amore

un rumore, come un rantolio- iiiiiiiiihhhhhhhhhh eeeeeeeeeeeehhhhh, iiiiiiiiiiiiiihhhhhhhhhh eeeeeeeeeehhhhhhhhh, cof COF COF, eeeeeeeeehhhhhhhh, iiiiiihhhhhhh- HHHHHHHHHHHHHHHHHOOOOO-
Rantolio, tosse, fischio.
Mi guardo intorno e scopro che questi rumori, assimilabili direi a un cantiere in costruzione, a un centinaio di caffettiere borbottanti, a un concerto per flauto e percussioni, in realtà provengono da una dolce e piccola vecchietta. A vederla così, rannicchiata e fischiante dimostra all'incirca duemila anni.
Seduto di fianco a lei, un omino altrettanto piccolo, un baffetto sottile e due grandi occhi marroni su cui calano pesanti sopracciglia grigie.
Poi la piccola caffettiera si alza ed entra dal dottore. Il marito rimane fuori.
"E' andata dentro senza di me. Non mi vuole mai dal medico con lei ma io vorrei entrare" mi dice sorridendo con l'aria divertita di chi ha subìto uno scherzo.
Gli dico: "Beh, forse vorrà un momento per lei. Immagino che passiate molto tempo insieme"
"Molto tempo? Lei ha 81 anni, io 82. E' tutta la vita che stiamo insieme. Sa, ormai siamo vecchi e certe cose dopo tanti anni non sono più importanti. Ma noi...se possibile abbiamo qualcosa di più bello e più importante. Siamo vecchi insieme, ci aiutiamo, ci completiamo. Se uno sta male, l'altro lo aiuta. Se uno non ce la fa più, l'altro lo sorregge."
Poi una porta si apre. Uno sbuffo, un fischio, un rantolio. Lei lo cerca, e lui è esattamente dove è sempre stato: lì ad aspettarla.
Oggi ho imparato qualcosa, sulla vita e sull'amore.

martedì 17 settembre 2013

Qualità della vita- L'Alberta1

L'Alberta è stanca.
Stamattina quando ha sentito il primo uccellino cantare ha pensato: "io ODIO ODIO ODIOOOOO questi salubri raggi solari", come Maga Magò.
Poi ha acceso la radio e, mentre preparava il caffè con un occhio aperto e uno chiuso, ha sentito gli ATTESISSIMI risultati dell'ennesima ricerca di mercato sulla qualità della vita.
Pare che nel nord Italia si stia bene. Pare che da queste parti ci sia ricchezza sufficiente a darci una vita di buona qualità.
Ora, l'Alberta è in generale creatura acida e di strette vedute. Ha generalmente difficoltà ad accostarsi al pensiero positivo. Ha recentemente pensato di iscriversi a un corso di yoga, di comprare un giardino zen, di fare un ciclo di agopuntura.
Tutto ciò per cercare di attenuare un minimo questa sua propensione all'incazzatura.
Però. Però. Però, quando l'ISTAT sputa fuori l'ennesima sentenza sulla qualità della vita, sul famoso mezzo pollo, sulla felicità pro capite, un pò di brontolìo a denti stretti se lo concede.
Qualche domanda sui parametri che vengono usati per valutare la qualità della vita l'Alberta se la fa.
Perchè le mattine in cui si alza da sola, si prepara da sola, esce da sola, fa la spesa da sola, grugnisce ai vicini, litiga con il barista, viene insultata da un autista di autobus che la voleva investire, torna a casa, sempre sola, mangia cibi confezionati, stra lavorati, arricchiti di coloranti ed esaltatori di sapidità, fa un riposino e si alza più stanca di prima, allora non sente di vivere una vita di qualità.
L'Alberta stamattina ha pensato di scrivere una lettera di protesta all'Istat. Questo è molto nel suo stile: perdere tempo a brontolare e fare polemica con qualcuno che non l'ascolterà.
In ogni caso, ha scritto per consigliare di cambiare i parametri di rilevazione.
Perchè i soldi (lei non è ricca ma sta bene) non possono essere l'unico indicatore del benessere di una persona.
Perchè se uno fa un lavoro che lo porta lontano dalla famiglia tutta la settimana, può anche essere che i duemila euro che gli spettano alla fine del mese non lo rendano felice più di tanto. Può darsi in effetti che gli tiri comunque il culo. Può darsi che vivere sempre con l'angoscia del domani e il rimpianto dello ieri (o viceversa) non faccia bene alla qualità dell'oggi. Che, anzi, pensa l'Alberta, è un pò snobbato, come qualcosa che non vale la pena di vivere.
Lei, l'Alberta, che invece per un oggi sereno darebbe tutti i soldi che ha.
Lei che a un certo punto della vita ha fatto un bilancio, una statistica personale sulla qualità della sua vita e ha scoperto, con sorpresa, che i parametri giusti da usare non erano quelli dell'Istat.
Lei che ogni tanto si pente di essere così acida, perchè forse il numero dei sorrisi, degli abbracci, delle risate, delle conversazioni con gli amici, dei caffè bevuti leggendo il giornale, delle passeggiate in centro sotto la pioggia e senza l'ombrello, sono i veri indicatori del benessere.
Con o senza soldi.

martedì 10 settembre 2013

Serendipity

Nata cicciotta e cresciuta cicciona, da ragazzina pensavo che il destino mi fosse avverso.
I bulletti della scuola cantavano "bidon bidon" al mio passaggio.
Le mie amiche compravano jeans aderenti e magliette corte mentre io cercavo di coprirmi e stra coprirmi.
Chi voleva essere gentile mi diceva che "avevo un bellissimo viso" il che per me in quel momento significava semplicemente che il mio corpo faceva cagare.
Così cresciuta, ma amata tanto e incondizionatamente da famiglia e amici, ho cercato di puntare sui pregi, di far crescere la personalità, almeno per renderla proporzionale alla stazza.

Questo è quello che fanno molti ciccioni: o dimagrisci (cosa che non sono mai riuscita a fare), o ti deprimi (ma mi annoia molto essere depressa), o cerchi di essere simpatica e intelligente.
A questo punto, se sei fortunata, diventi l'amica simpatica e innocua che le tue amiche più fighe e più stronze portano in giro per fare bella figura.

Poi, GRAZIE A DIO, l'adolescenza finisce. E si raccolgono i frutti di quello che si è seminato.

Io oggi sono sempre cicciona. Nel frattempo però ho cercato di coltivare il praticello che ho dentro al cranio, di tenerlo pulito e curato, non sempre con buoni risultati ma non posso lamentarmi.

A più riprese negli anni mi sono chiesta se chi ha avuto un'adolescenza di popolarità, magrezza, bellezza, plurimi fidanzamenti e ammirazione incondizionata, ha ora ricevuto FINALMENTE il carico di SFIGA che meritava.
Certo, questo me lo sono chiesta nei miei momenti di massima acidità e sete di vendetta.
Nella versione buona di me, la domanda suonava più come "chissà che fine ha fatto Pincopallina/o?"

Se questo blog fosse un corso di auto-stima probabilmente dovrei dire che sì, ognuno ha avuto quello che si è meritato.
Che io e gli altri ciccioni, o sfigati ad altro titolo (brufolosi, occhialuti, cellulitici, neri, gialli, verdi, capelli unti, troppo magri, troppo bassi, troppo alti...)abbiamo avuto rivincite meravigliose. Che tutti, grazie a simpatia, intelligenza, qualità interiori varie ed eventuali, abbiamo raggiunto la felicità e la piena realizzazione professionale.
Che le figone e i figoni senz'anima e senza testa dopo qualche anno da cubisti e qualche provino per il grande fratello sono finiti nel baratro dell'inutilità.

Per fortuna non è così.

Crescendo ho capito che le categorie non sono così nette. Che non si possono mettere in un unico recipiente la felicità, la bellezza, la realizzazione sul lavoro, la famiglia, il destino, l'amore, l'assenza di cellulite e il pollice verde. Che non ci sono compartimenti stagni. Che la vita non è come un album di figurine: o ce l'ho, o mi manca. Delle volte abbiamo quello che non vorremmo e altre volte non vogliamo quello che abbiamo.
Non tutto, non nel momento giusto. (Oddio, per avere la cellulite non esiste un momento giusto)

Ho incontrato una delle suddette "gnocche senza testa": si è laureata. E' sempre carina. E' sempre stronza. Credo abbia un buon lavoro ma so per certo che ha avuto molti problemi familiari.
Ho incontrato una mia amica sfigatina: fa il medico. E' bravissima e richiestissima ma non può avere figli.
Poi c'è un altro amico. Era uno dei bellissimi. Ora è malatissimo, ha rischiato la vita e la rischia tuttora. Il suo più grande desiderio sarebbe vivere una vita normale. E' al momento una delle persone più combattive e sane di mente che conosco.

Grazie alla mia amica Telaia, che mi ha fatto riflettere quando le ho detto che "avevo giocato male le mie carte".Grazie.
Ho capito che in realtà il punto è che avrei voluto avere più carte. Come da piccola, quando pensavo di poter fare quello che volevo e non vedevo limiti davanti a me. Quando a chi mi chiedeva cosa volessi fare da grande rispondevo: "La veterinaria o la biologa marina. O la parrucchiera."
Avrei voluto dire sempre "ce l'ho".
Invece qualche "mi manca" ci tocca, e saperlo è già un buon inizio.


venerdì 6 settembre 2013

ANZIANI

-Signora?
-Sì?
-E' lei??
-Beh, sì. Io sono io sicuramente. Ma lei chi è?
-Beh mo son io no? Quella che doveva chiamare!
-Cosa facciamo, me la svela la sua identità segreta o facciamo una telefonata in codice?
-Non ce l'ho io questo codice che mi dice! però CIO' il tesserino!Va bene anche il tesserino?
RESPIRO PROFONDO...FINGO DI NON AVER SENTITO: COMINCIO DA CAPO.

-Pronto?CHI E'?
- Sono sempre io, la Mengoli (GRAZIEADIO!ha detto ALMENO il suo nome)
-Sì signora, cosa doveva chiedermi?
-Ah non so, è lei che ha chiamato!

AIUTOOOOOO
-Mi ha telefonato lei adesso Signora Mengoli! Aveva bisogno?
-Ma lei chi? Io vivo da sola con mio marito. Mia sorella è morta l'anno scorso
-Ah mi dispiace, ma comunque chiedevo a lei. Cioè a lei in quanto Signora Mengoli. Aveva bisogno?

SOSPIRO, RESPIRO, RUMORE DI PENSIERI CHE CORRONO.
NIENTE. SCONFITTA:

-Ah soc'mel sgnurèina, se non lo sa lei perchè mi ha chiamato...

TUTUTUTU....

giovedì 5 settembre 2013

NUMERO 1

Iniziare è sempre difficile...soprattutto in giornate come questa che iniziano e male e forse finiranno peggio.
Comunque faccio una prova.
Inizio ricordando i consigli letti qua e là, scriverò come se dovessi scrivere solo a me stessa.
(beh, può darsi anche che questo succeda in effetti, ma è lo stesso)
Però adesso che ricordo, alcuni invece consigliano di tenere sempre presente il possibile lettore...
Oddio, mi sono già incartata.

Beh, il punto è questo: questo vasetto di melanzane sott'olio che alle volte mi piace chiamare cervello, non fa altro che ribollire e borbottare. I pensieri girano e rigirano, si azzuffano e alla fine, stanchi e spettinati, si accoccolano in qualche angolo del cranio, attendendo di essere rispolverati.
Questo blog nasce dall'esigenza di sputare fuori ogni tanto qualche pensiero.
Spero che funzioni come la valvola della pentola a pressione, per cui a un certo punto della giornata emetterò un violento e lungo fischio, al termine del quale uscirà un post che consentirà al cervello di non scoppiare.

Ecco qua.
E il primo è andato.