mercoledì 29 gennaio 2014

29 gennaio 2011

All'inizio ho pensato a un'indigestione. Qualche dolorino e un po' di fastidio che alle 4 di notte mi faceva dormire male.
Poi i dolorini sono diventati più intensi e più frequenti e ho cominciato a pensare che mi stessi facendo uno scherzetto, perchè alla trentaseiesima settimana+3 non dovevi venire fuori ancora.
A un certo punto è stato evidente che dovevo alzarmi, fare la doccia, fare la valigia, svegliare tuo padre...
Con il senno di poi, non avrei passato mezzora a stirare la mia vestaglia e i tuoi minuscoli vestitini tra una contrazione e l'altra mentre fuori albeggiava.
Non avrei aspettato le 8 per svegliare il papà, che, non conscio dell'urgenza della cosa, si è fermato a prendere il caffè ed è sceso a comprare il giornale per "cambiare i soldini per il parcheggio". (Così mi ha detto, quello là. Mentre io soffrivo troppo per poterlo fulminare, come avrei fatto in altre occasioni.)

Ed ecco che alle 9 siamo riusciti a varcare la soglia di casa e mentre il papà guidava tra l'incredulo e l'agitato, io e te abbiamo iniziato la nostra lotta di tira e spingi, sali e scendi, stringi e allarga.
Due piccoli lottatori, tu la barchetta e io il porto a cui approdare nel pieno della tempesta.
Entrambi schiaffeggiati dallo stesso mare impetuoso. Entrambi impegnati nella stessa battaglia e spintonati come muli testardi dall'invincibile forza della natura.
Questo mi sono sentita: un piccolo sassolino sbattuto sulla risacca che non può fare altro che aspettare di sapere dove sarebbe rotolato.

Poi, la quiete.
E un piccolo corpicino nudo e blu, caldo e profumato, che finalmente riposava, stanco e umido, su di me.

Da quel giorno è tutta un'altra storia.

Auguri amore mio,
la tua mamma